La macro libera

luce_dorata_giusta_firma_orizzonteLa fotografia ci piace tutta, dal reportage allo still life, dalle cerimonie alla naturalistica. Non crediamo che ci sia un settore più nobile e meritevole di un altro.

Poiché la fotografia tratta di noi e di come ci rapportiamo al mondo fisico ed ideale nel quale viviamo, ci piace pensare che le categorie in cui è scomposta non siano altro che creazioni umane artificiali, create con lo scopo di semplificare e raggruppare le varie tecniche di ripresa migliori in ogni singolo ambito.

Non è necessario quindi  obbligarsi a cristallizzare il proprio interesse in un solo ambito definito, anche perché molti concetti che si sono sviluppati in un dato settore potrebbero invece essere trasferiti ed utilizzati in un altro, con esiti qualche volta innovativi.

Ad esempio, la caratteristica fondamentale del reportage fotogiornalistico e della street photography è la rapidità del fotografo che:

  1. mentre osserva la scena sotto i suoi occhi riesce a prefigurarsi il momento successivo e quindi ad anticiparlo;
  2.  in pochissimi istanti trova la composizione giusta e quindi scatta.

     

    D’altra parte è vero anche che una delle qualità essenziali dello stil life ed in genere dei settori della fotografia in studio, ossia la preparazione della scena, è in qualche modo presente anche nella fotografia di reportage e nella stessa street, quando il fotografo trova una location o una composizione promettente e si apposta in attesa che avvenga qualcosa di notevole, il famoso momento decisivo.

    Ora, tra tutti i settori della fotografia quella riservato alla macro naturalistica è visto come un genere che richiede notevole pianificazione, strumentazione specifica e costosa ( oltre alla macchina ed all’obbiettivo macro, cavalletto, slitta micrometrica, fondali, speciali flash  ecc) ed un certo controllo del soggetto ripreso.

    L’idea generale prevalente è che la macro naturalistica non consenta alcun margine di improvvisazione e che si tratti di un genere che privilegia più l’estetica formale che la vita reale dei soggetti.

     Questa convinzione, almeno per quanto riguarda la macro naturalistica ambientata, è scorretta.

    Questo tipo di macro, infatti, può essere praticato seguendo i principi della fotografia di reportage e della street, con qualche accorgimento particolare.

    L’attrezzatura necessaria, in questo caso, è notevolmente ridotta: una macchina dotata di obbiettivo macro ( moltiplicatori di focali o lenti close up  ad es.)  un piccolo pannello riflettente e in alcuni casi un tessuto ( o carta) bianca quasi trasparente, da far funzionare come diffusore per ammorbidire la luce solare sul soggetto.

    Alcuni preferiscono usare come luce supplementare o di schiarita un flash a slitta montato sulla macchina e rivestito da un piccolo softbox.

    Questa impostazione metodologica non prevede l’uso di cavalletto, di sfondi preparati né di posatoi specifici su cui posizionare il soggetto.

    Una delle conseguenze è che questo tipo di impostazione prevede una velocità di scatto che possa congelare il movimento del soggetto permettendo uno scatto a mano libera.

    Il soggetto infatti viene individuato e fotografato al momento e, come nella street photography, è compito del fotografo individuare rapidamente una composizione ed uno sfondo interessanti e quindi fotografare il soggetto nel suo “momento decisivo”.

    Rispetto alla fotografia macro con cavalletto le differenze principali risiedono:

  • nella possibilità di riprendere uno o più soggetti naturali in movimento, ottenendo scatti di maggiore impatto e originalità;
  • nella maggiore apertura di diaframma utilizzata, necessaria oltre che per avere una alta velocità dell’otturatore, soprattutto per staccare il soggetto dallo sfondo naturale che risulterà sfocato e quindi maggiormente interessante;
  • nella necessità di improvvisare, utilizzando quasi esclusivamente il materiale disponibile in loco e la sola naturale per realizzare uno scatto di notevole impatto visivo:
  • nella minore profondità di campo e ingrandimento di solito disponibili rispetto ad una macro con cavalletto,  data dai limiti oggettivi e soggettivi dello scatto a mano libera.

    Queste le caratteristiche “ tecniche” che differenziano i due sistemi;

    Ci sono poi considerazioni che riguardano soprattutto il carattere dei fotografi che praticano l’uno o l’altro dei rami della macro naturalistica.

    A parità di rispetto per i soggetti ripresi, sceglierà la macro con cavalletto chi ha maggiore predisposizione per la pianificazione del progetto, per l’ordinato svolgimento del flusso di lavoro e per un risultato che può toccare la perfezione estetica formale.

    Per quanto ci riguarda, possiamo dire che la preferenza per la macro a mano libera è qualcosa che arriva dal profondo, che affonda nella necessità di cogliere al volo il momento di vita, vero e naturalmente di impatto.

    Una sorta di caccia al tesoro, nel quale la vita viene ripresa nel suo svolgersi ed ogni elemento si colloca al suo posto in modo quasi magico .

    In questo quadro la perfezione estetica è solo uno scopo complementare da perseguire, non il principale obbiettivo da raggiungere: il fine ultimo è documentare la vita reale anche nell’osservazione della natura e quest’ultima può essere molto bella oppure imperfetta, dolcissima o terribile. Sta a noi  rimanere fedeli a ciò che osserviamo e documentare la realtà così come ci viene offerta; sarà comunque un dono senza prezzo. 

Cosa accade quando scattiamo?

Cosa accade quando si scatta una foto? Qual è il meccanismo che permette di registrare le immagini? Credo che sia giusto parlare di fotografia iniziando da queste domande fondamentali.

Quando facciamo clic con il pulsante di scatto si apre l’otturatore e la macchina registra la scena che inquadriamo; questo avviene perchè il sensore ( nelle macchine digitali) e la pellicola ( in quelle analogiche) registrano attraverso la luce che entra dall’otturatore aperto, le informazioni relative alla scena.

Grosso modo e molto superficialmente il processo è questo.

Quanta più luce faremo entrare dall’otturatore tanto più la scena diventerà chiara, fino alla bruciatura ( quando si vede tutto bianco), mentre quando avviene il contrario la fotografia sarà scura, fino alla indistinguibilità dei particolari.

E’ importante precisare che ogni materiale, persona, cosa, albero ecc. ha una propria capacità sia di riflessione della luce, che di assorbimento di questa…non c’è un unico valore valido per tutti.

Questo comporta che in una scena ( mettiamo un panorama cielo/mare con una ragazza in primo piano) i singoli elementi inquadrati assorbiranno la luce e la rifletteranno in modo diverso, così che il sensore si troverà a dover gestire, ad esempio, un cielo molto chiaro che per essere correttamente esposto  ha bisogno di un tempo di posa brevissimo, con un mare che ha necessità di tempo un po’ più lungo e la ragazza ( magari controluce) il cui viso e corpo, per essere esposti al meglio avrebbero bisogno di un tempo di posa ancora più lungo.

Così che per esporre solo per il cielo ci troveremmo ad avere il viso della ragazza scuro e, viceversa, con il viso della ragazza ben visibile avremmo un cielo quasi tutto bianco.

Quando scattiamo (in modalità manuale) la macchina ci chiede di impostare alcuni valori, quelli fondamentali sono:

il tempo di scatto

l’apertura di diaframma

gli iso

Del tempo di scatto abbiamo già accennato, per quanto riguarda l’apertura di diaframma, questa serve a regolare la profondità di campo che vogliamo ottenere, ossia la quantità di zona a fuoco che avremo davanti e dietro il punto che inquadriamo…più è alto il valore di F ( quello che indica la chiusura del diaframma) più profondità di campo avremo…questo perchè mano a mano che chiudiamo il diaframma passeranno attraverso l’apertura rimasta meno raggi di luce, ma quelli che passano tenderanno a convergere…e questo comporterà un aumento delle zone a fuoco..in compenso però la chiusura del diaframma comporta anche una diminuzione della quantità di luce che arriva al sensore.

Gli iso aumentano la capacità dei pixel all’interno del sensore di ricevere il segnale dato dalla luce, il segnale viene per così dire amplificato e si usa soprattutto quando la luce ambientale è scarsa.

Il problema è che l’aumento degli iso determina la produzione di un disturbo nelle foto, chiamato “rumore digitale” che danneggia la qualità della foto.

Damiana Rusconi