Conosci te stesso, ovvero il ritratto fotografico.

Capita a volte, come mi è accaduto di recente, che vengano poste domande che lasciano perplessi e che fanno capire quale gap di informazioni vi sia a volte tra clienti e professionisti, anche quando parlano ( o credono di parlare ) dello stesso argomento.

Vi siete mai chiesti, ad esempio, cosa è un ritratto e nello specifico, un ritratto fotografico?

La risposta più gettonata è “ la raffigurazione di una persona”.

Facile, vero?

Peccato che sia una definizione non solo sbagliata, ma fuorviante.

Se così fosse potremmo dire che sono ritratti fotografici ad esempio, la foto tessera della nostra carta d’identità, le foto segnaletiche della polizia, le foto dei nostri familiari ripresi davanti ad un paesaggio alpino o ad un monumento esotico ecc.

Eppure questo tipo di fotografie rappresentano persone e alcuni di esse ( es le foto segnaletiche) hanno lo scopo di individuare le caratteristiche fisiche di un individuo.

Anche il selfie, croce dei fotografi e delizia di tutti i possessori di uno smartphone, non può essere definito come un ritratto, anche se quello che fa, o tenta di fare, è proprio raffigurare una persona.

Ed allora cosa è un ritratto fotografico? A cosa serve?

Il ritratto, in realtà, che si tratti di pittura o fotografia, non si limita a mettere in evidenza le caratteristiche fisiche di un individuo, ma cerca di far emergere ciò che è invisibile e cioè la personalità dell’individuo che si fa ritrarre.

Come nella pittura, anche il ritratto fotografico può prestarsi a molti scopi diversi a seconda delle intenzioni del committente e degli scopi dell’artista:  vi può essere una comunione di intenti tra soggetto e fotografo, oppure l’artista, come avviene nei ritratti di personaggi pubblici commissionati da riviste e giornali, cerca di evidenziare un lato del carattere del personaggio pubblico che questi non vorrebbe far emergere.

In ogni caso, il ritratto non è mai la mera rappresentazione oggettiva di una persona, bensì la consapevole interpretazione, fatta dall’artista, del soggetto rappresentato.

Alcuni potrebbero dire che anche tutti gli altri tipi di fotografie che rappresentano persone, in un modo o nell’altro le interpretano, dato che la fotografia non è mai oggettiva.

Vero, ma a loro differenza il ritratto fotografico, attraverso le conoscenze dell’artista e la collaborazione tra fotografo e soggetto, può riuscire a rendere visibile la vera essenza di una persona, quel misto di carattere, speranze, paure, ossessioni e coraggio che dicono al mondo chi siamo e chi vogliamo essere.

In questo ragionamento non entrano in nessun modo i programmi di fotoritocco digitale dell’immagine.

Molti fanno confusione  e nella loro mente visualizzano il ritratto fotografico come l’immagine levigata e finta, quasi plastificata, di una  modella vittima di un uso sconsiderato del fotoritocco.

Il fotoritocco digitale, in realtà, se usato con metodo e misura, può servire a migliorare l’aspetto della persona ritratta, evitando che l’attenzione dello spettatore ricada su particolari, come piccoli brufoli, imperfezioni della pelle, rughe d’espressione che non noteremmo affatto se ci trovassimo faccia a faccia con quella persona,  ma che in una fotografia, anche a causa della maggiore capacità degli obbiettivi rispetto all’occhio umano di far risaltare anche i più piccoli dettagli, possono emergere troppo e ostacolare l’attenzione dello spettatore.

Il fotoritocco, se usato nella maniera giusta, aiuta a vedere davvero la persona per quello che è: potremmo definirlo come una menzogna che aiuta a dire la verità.

La parte più importante del lavoro che porta ad un ritratto fotografico, però, è un’altra: consiste nella conoscenza di sé che il soggetto fornisce al fotografo e che si realizza  innanzitutto attraverso interviste preliminari durante le quali si cerca di capire la personalità del soggetto, le sue preferenze ed idiosincrasie e cosa vorrebbe ottenere dal ritratto.

Molti a questa domanda dicono che vorrebbero apparire più belli, ma poi se guidati con le opportune domande, specificano le loro aspettative e le proprie paure ( non risultare abbastanza alti, o troppo in carne, con un mento sfuggente che li fa sentire a disagio ecc); da una intervista informale emerge anche se la persona è timida o ha un buon rapporto con la macchina fotografica e che immagine mentale ha di sé.

Molto spesso la rappresentazione mentale di noi stessi si scontra con le fotografie che ci ritraggono, dalle quali prendiamo le distanze perché non rappresentano davvero chi siamo.  

Secondo me un ritratto riuscito è quello che aiuta le persone che si fanno fotografare a riconciliarsi con l’idea che hanno di sé,  così che queste possano pensare che quella immagine le rappresenti davvero.

Ma per raggiungere questi risultati è indispensabile che la persona si affidi al fotografo e con pazienza accetti di seguire un percorso che, se non lungo, richiede un approccio diverso rispetto alla fotografia che conosce. Nei prossimi articoli approfondiremo questo aspetto.. seguitemi !

 

Come gestire una gamma dinamica alta : La doppia conversione raw.

Vi sarà capitato di fotografare una scena in cui c’è una parte sovraesposta ed un’altra che invece è sottoesposta ( mettiamo il sole in una giornata nebbiosa o le piume di un gabbiano), una tecnica efficace per gestire questo problema è la doppia conversione raw:

si esegue una doppia conversione dal raw….ossia si apre il raw dal convertitore e si fanno le regolazioni per la maggior parte della foto che ha una esposizione media….la parte con l’esposizione alta sarà molto sovraesposta….. si salva in tiff questa prima foto e la si mette da parte..dopodiché si apre di nuovo il raw originale e si regola questa volta cercando di recuperare proprio le alte luci…il resto dell’immagine sarà sottesposto…dopodiché con un qualsiasi programma che consenta di lavorare su più livelli si uniscono le due foto in post….così si ha una foto che gestisce bene tutte e due le parti …..

Questa tecnica è molto utile quando si hanno parti ben definite dell’immagine su cui lavorare e quando la gamma dinamica della scena è più alta ( ma non di molto) di quella del sensore, così che si possono recuperare le alte luci…..diversamente dovremo utilizzare altre tecniche…..che magari vedremo in seguito.

Questa che segue è una foto di esempio , scattata con una bridge fuji hs10-hs11 e poi trattata con questa tecnica .

ritratto di gabbiano

ritratto di gabbiano